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Agricoltura Rigenerativa: cos’è e i principi

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L’agricoltura rigenerativa è emersa come una risposta innovativa e sostenibile alle sfide ambientali e sociali che affrontiamo oggi. Contrariamente alle pratiche agricole convenzionali, l’agricoltura rigenerativa mira non solo a coltivare cibo, ma anche a ripristinare e migliorare la salute del suolo, preservare la biodiversità, contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici, allo scambio dei saperi e alla rigenerazione delle comunità, dei territori, delle relazioni tra esseri viventi. In questo articolo, esploreremo cos’è l’agricoltura rigenerativa e quali sono i principi su cui si fonda.

Agricoltura Rigenerativa: cos’è e definizione

L’agricoltura rigenerativa è un approccio agricolo che va oltre la semplice produzione alimentare. Si basa su principi e pratiche progettate per ripristinare e migliorare la salute degli ecosistemi agricoli, inclusi suolo, acqua e biodiversità. A differenza delle pratiche agricole convenzionali che possono esaurire il suolo e l’ambiente, l’agricoltura rigenerativa mira a creare un ciclo virtuoso in cui il terreno migliora nel tempo anziché degradarsi.

L’agricoltura rigenerativa offre una prospettiva importante per il futuro dell’agricoltura. La sua capacità di affrontare simultaneamente le sfide ambientali, sociali ed economiche la rende un elemento chiave per la creazione di sistemi alimentari sostenibili, equi e resilienti.

Questo approccio ha il merito di confrontare le varie esperienze e discipline agricole legate all’agricoltura biologica e alle tradizioni agricole locali con pratiche agronomiche moderne, rispettose del suolo e degli ecosistemi. 

Tuttavia, a differenza dell’agricoltura biologica, normata in Europa fin dai primi anni ‘90, non esiste ad oggi una definizione universalmente accettata di agricoltura rigenerativa

I principi dell’approccio rigenerativo secondo Deafal

Nel 2018 Deafal ha elaborato la sua “Carta dei Principi e dei Valori dell’Agricoltura Organica e Rigenerativa”, dopo anni di diffusione delle pratiche rigenerative e la collaborazione con oltre 4.500 agricoltori e 200 aziende agricole (che hanno portato anche alla nascita dell’Associazione Nazionale Produttori per l’Agricoltura Organica e Rigenerativa). Questo documento è oggi riconosciuto e citato come pilastro dell’approccio rigenerativo da numerosi enti e aziende.

  • RIGENERARE IL SUOLO Implementare pratiche che aumentino la fertilità dei suoli, quantificabile dall’aumento di carbonio organico, dalla maggiore dotazione e disponibilità di elementi minerali e dall’aumentata diversità microbiologica. In terreni di collina e di montagna, scegliere sistemi e tecniche che limitino l’erosione del terreno. Adottare pratiche scientifiche, innovative e sperimentali che valorizzino le specificità e le culture locali, traendo spunto dalle tradizioni dei territori;
  • RIGENERARE GLI ECOSISTEMI E LA BIODIVERSITÀ Operare diminuendo le contaminazioni ambientali da sostanze chimiche di sintesi valorizzando gli scarti aziendali del territorio attraverso l’autoproduzione dei mezzi tecnici, rivalutando le risorse genetiche locali, gestendo in maniera efficiente le acque e le risorse agro-silvo-pastorali. Garantire alle piante cure colturali e trattamenti che favoriscano la loro salute nel tempo e il loro costante equilibrio fisiologico;
  • RIGENERARE LE RELAZIONI TRA GLI ESSERI VIVENTI Agire nella cura e nel rispetto della dignità delle persone e degli animali. Favorire rapporti di lavoro e di scambio basati sulla tutela dei diritti e sulla trasparenza;
  • RIGENERARE I SAPERI Promuovere la conoscenza come bene collettivo in continua trasformazione ed evoluzione, da acquisire e trasmettere in una dimensione di apertura e interazione con gli altri.

Tali principi danno modo alle aziende agricole di osservare e leggere la propria realtà, adattando le proprie azioni al contesto, alle contingenze, alle risorse e alle reti presenti sul territorio. L’obiettivo è quello di conciliare la redditività dell’impresa agricola con l’aumento della salute dei suoli e della fertilità chimico-fisica, ma soprattutto di quella biologica.

Agricoltura rigenerativa: cosa NON è 

Come abbiamo visto, una definizione univoca e normata di agricoltura rigenerativa non esiste ancora: ci sono però le testimonianze e il lavoro di tante aziende agricole, realtà, enti e associazioni, come Deafal, che da decenni lavorano per promuovere questo approccio sostenibile all’agricoltura.

Negli ultimi anni però, grandi gruppi internazionali e importanti aziende della filiera dell’agroindustria hanno sfruttato questo buco normativo per lanciare programmi di sviluppo della rigenerativa: spesso questi progetti però rischiano di essere principalmente attività di greenwashing.

Un recente studio ha provato a fare chiarezza tra le numerose definizioni di agricoltura rigenerativa. Tra le definizioni che distinguono la rigenerativa dagli altri approcci c’è “la riduzione o l’eliminazione degli input di sintesi e la massimizzazione degli input on farm”, che viene citata nel 26% degli studi scientifici e nel 31% dei siti web “rigenerativi” consultati. Il non uso di “pesticidi sintetici” viene citato nel 12,4% delle ricerche e nel 18,2% dei siti, mentre l’assenza di “fertilizzanti sintetici” viene riportata nel 12,4% delle ricerche e nel 22% dei siti. Un altro punto centrale della ricerca è la presenza di animali in azienda, che viene citata nel 20% delle ricerche scientifiche e nel 41% dei siti delle associazioni. Un enorme risalto viene dato, sia dalla ricerca che dalle associazioni, all’aumento della biodiversità (21,5% e 45,5%) e al miglioramento delle acque e del suolo

Emerge chiaramente che non viene mai citato il ricorso a nuove molecole per gli agrofarmaci o l’uso delle nuove tecniche genetiche come strumento: chi dice di voler adottare queste pratiche NON fa agricoltura rigenerativa.

Inoltre, due autori italiani (Barberi e Antichi) in un recente lavoro riportano come “il concetto chiave che sta alla base dell’approccio agroecologico e dell’agricoltura organica rigenerativa è che, attraverso la diversificazione dei sistemi colturali e, più in generale dell’agroecosistema a diverse scale spaziali e temporali, è possibile massimizzare le interazioni positive tra le componenti dell’agrobiodiversità e ottenere produzioni adeguate e stabili minimizzando l’uso di input esterni e preservando le risorse ambientali.” Ci sembra quindi evidente che chi intende mantenere o consolidare la dipendenza delle aziende agricole da agrofarmaci, erbicidi e fertilizzanti di sintesi NON fa agricoltura rigenerativa.

Oltre alle tecniche e agli strumenti, è importante guardare anche dimensioni e aspetti sociali. Sempre Barberi e Antichi ravvedono nell’aspetto sociale dell’agricoltura rigenerativa una differenza sostanziale con l’agricoltura conservativa, citata sovente come esempio di sostenibilità: l’approccio rigenerativo infatti intende creare una rete di relazioni tra produttori, cittadini e altri attori locali, in un contesto di filiera corta o cortissima, assente nella definizione di agricoltura conservativa. 

Chi non intende accorciare le filiere e incentivare la creazione di reti sociali sui territori NON fa rigenerativa.

Puoi approfondire il rapporto tra agroindustria e agricoltura rigenerativa nella pagina della nostra campagna Difendi l’Agricoltura Rigenerativa.

 

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